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Alberto Riva, milanese, classe 1992, laureato in ingegneria fisica e specializzato in nanotecnologie, è stato navigatore a bordo di Maserati Mod 70 di Giovanni Soldini e responsabile dell’elettronica per il Class40 Alla Grande – Pirelli di Ambrogio Beccaria. Nel 2019 è Campione Italiano Classe Mini 6.50 (categoria Proto), nel 2020 e nell’anno successivo naviga su EdiliziAcrobatica, conquistando sia il titolo di Campione Italiano Classe Mini 650 (categoria Serie) sia il primo posto dell’International Ranking e concludendo la sua stagione tagliando il traguardo in seconda posizione alla Mini-Transat 2021. Insieme al suo main sponsor, è in cerca di partner per un nuovo progetto Class 40. Oggi il solitario Riva, è salito a bordo di Austrian Ocean Racing powered by Team Genova per The Ocean Race.

Come hai iniziato ad andare in barca?
Colpa di mio padre!  Mi ha portato in barca quando avevo due mesi. Insomma a quell’epoca facevo ben poco oltre a piangere e rompere le scatole, ma come dire sono proprio cresciuto su una barca!

Quando hai capito che era la tua “rotta” sportiva e umana?
La vela é sempre rimasta una passione, vedevo molto complicato trasformarla in un lavoro, rischiando di rovinarla. Durante l’università non perdevo occasione di fuggire tra una sessione di esami e l’altra per qualche imbarco strano ma avventuroso spesso proposto dal mio “fratello di mare” Tommaso Stella (un altro velista e preparatore italiano n.d.r.) . Finita la magistrale stavo per proseguire la carriera accademica con un dottorato in fisica, ma ho deciso di prendermi un anno sabbatico per viaggiare e scoprire il mondo mentre mi schiarivo le idee. E ovviamente il viaggio a scoprire il mondo non l’ho mai fatto (via terra) e dopo poco sono stato risucchiato da una serie di imbarchi e di lavori su barche da regata. Mi occupavo in particolare dell’elettronica di bordo, cosa che mi veniva facile grazie ai miei studi. I miei erano ovviamente preoccupatissimi per il mio futuro professionale, speravano diventassi un ingegnere in giacca e cravatta dentro un ufficio di una grigia Milano. Eppure oggi, sono diventati i miei fan numero uno. Ora anche se la vela per me é diventata un lavoro a tempo più che pieno è ancora una passione fortissima, Mi auguro che duri…

Quando hai scoperto The Ocean Race, essendo tu così giovane? 
Credo parlandone con i miei colleghi della scuola di vela Utopia una quindicina di anni fa. Quando ho visto il primo video su YouTube  ho pensato: questa é una cosa atomica, sarebbe incredibile poterla fare un giorno, ma a quei tempi sembrava così impossibile.

Quali, se ce ne sono, gli eroi velici del passato a cui pensi ci si possa ispirare?
La parola eroe non mi piace, e fin troppo spesso i velisti vengono chiamati così. Un eroe e qualcuno che fa un gesto estremamente coraggioso per salvare la vita di altre persone. Il velista è uno che si diverte.

Che differenza fra la navigazione in solitario e quella in equipaggio?
Certo, sono due sport simili ma allo stesso tempo diversi. La tecnica è più o meno la stessa, anche se la adatti al numero di persone a bordo. La cosa che cambia veramente è la componente psicologica. In una regata in equipaggio oltre a comunicare molto bene durante le manovre bisogna prendersi cura l’uno dell’altro, volersi bene perché dopo tanti giorni a stretto contatto è facile creare tensioni, soprattutto in momenti di stress quando si è molto stanchi.
In solitario è tutt’un altra storia, oltre a dover gestire più attentamente le tue energie la cosa più complicata è rimanere solidi di testa. In solitario non c’è nessuno che ti può aiutare a prendere delle decisioni strategiche e neppure che ti può tirare su quando le cose non vanno come speravi. Il solitario deve trovare la sua forza dentro di sé stesso.
 
E fra una regata in solitario su una piccola barca e una grande e potente come un VO65?
Il mini 650 (la più piccola delle barche per la navigazione oceanica n.d.r.) è un giocattolo, tutto viene facile e quando sbagli riesci a recuperare abbastanza semplicemente. Il 65 invece ha dei carichi molto elevati e per come è concepito è impossibile farci del solitario. Su questa barca bisogna fare veramente attenzione a non farsi male, ad evitare ogni minima distrazione.

Sei orgoglioso di rappresentare l’Italia?
Chiaramente, speriamo di esserne all’altezza.

Qual’è per te la sensazione più bella che si prova a bordo?
La cosa bellissima di questo sport è l’altalena di emozioni che si vive durante una regata. Un momento va tutto bene e sei in testa a un attimo dopo che ti trovi ultimo e non sai neanche se riuscirai a finire. Prendi il bordo giusto e sei di nuovo in testa. Questo sport è fantastico!

Cosa pensi ti potrà dare The Ocean Race, in termini sportivi e di relazioni umane?
Un equipaggio di una regata oceanica è una macchina complessa, serve organizzazione, buona comunicazione e soprattutto un grande rapporto umano. Da questa tappa di The Ocean Race mi aspetto un’ iniezione di mare vero e un bagno di umanità. Dopo tante regate in solitario sarà molto bello.

C’è un messaggio che credi di voler portare con te e “lanciare” ai fan italiani del giro del mondo?
Da bordo la terra è sempre più piccola e poi scompare, rimane l’Oceano umiliato dagli scarti della vita umana. Facciamo qualcosa per curarlo e salvarlo!

Carla Anselmi